Sull’ergastolo

Gran vanto italiano l’aver dato i natali all’illuminato Beccaria, che motivò la necessità dell’abolizione della pena di morte, per il superamento della forma di governo dispotico-tirannica, verso quella moderna, repubblicana, borghese, con le sue note caratteristiche.

In realtà chi abbia letto il suo scritto più noto rilevera che in esso non si esclude affatto la pena di morte verso i rivoluzionari che attentano alla stabilità dello stato. Come si ricordo Ugo La Malfa, ai tempi cruciali, in cui effettivamente si pose sul terreno la questione del potere politico tra la borghesia e il proletariato (in armi). Comunque il superamento della pena di morte verso la carcerazione perpetua, veniva vista dallo stesso come una sorte ben peggiore per il “reo”. Il Beccaria definisce “schiavitù perpetua” l’ergastolo in questi termini:”…con la pena di morte ogni esempio che si dà alla nazione, suppone un delitto;nella pena della schiavitù perpetua un solo delitto da moltissimi e durevoli esempi(…) Chi dicesse che la schiavitù perpetua è dolorosa quanto la morte, e perciò ugualmente crudele, io rispondo che sommando tutti i momenti infelici della schaivitù, lo sarà forse anche di più, se questi sono stesi su tutta la vita…”