La guerra è finita?

E’ uscito abbastanza recentemente sul Corriere della Sera un articolo a cura di Milena Gabanelli e Giuseppe Bianconi, riguardo agli “anni di piombo” e su un aspetto non secondario che li riguarda: i prigionieri politici. Con tanto di corredo di foto. Magari hanno visto per ispirarsi questo blog.Lo segnalo a chi ne fosse interessato sottolineando alcune caratteristiche.La prima evidente è che vi si accomunano” terroristi” di “destra” e di “sinistra”, operazione solita che permette di accomunare rivoluzionari e stragisti’ quest’ultimi spesso se non sempre, al servizio dello stato. Operando così una doppia falsificazione, la prima negando l’esistenza di un processo rivoluzionario di matrice comunista ed internazionalista, che si è espresso di fatto nella forma di una guerra a bassa intensità, con una forte presa sulla classe proletaria.La seconda riguardo il carattere, questo si terrorista della reazione da parte dello stato borghese, emersa chiaramente quando è stato messa in discussione la sua legittimità ed il suo potere. Se le Organizzazioni Comuniste Combattenti, hanno sempre rivendicato la loro pratica ed i loro obiettivi, la controparte ha operato in maniera occulta, avvalendosi di apparati segreti, logge, NATO e quant’altro. Salvo poi autolegittimarsi dichiarando a più non posso, di non essere ricorsa a “leggi speciali. (a carceri speciali si). A merito degli autori le citazioni riguardo le torture e le cifre riguardanti gli arresti, ma anche le inquisizioni di massa, dimentichi però dei compagni/e assassinati dallo stato. Inoltre si suggerisce che i compagni tutt’ora in carcere vi siano per loro scelta, quando basterebbe chiudere per ottenere la liberazione. Bene , se la guerra fosse finita, secondo le convenzioni in materia, i prigionieri dovrebbero tornare a casa; ma se così non è, si potrebbe pensare che la guerra non sia mai finita. Ed in effetti la guerra in termini di lotta di classe, non è certo finita, semplicemente nella congiuntura presente volge tutta a favore della borghesia imperialista. L’accumulo di enormi ricchezze private a fronte della miseria e della precarietà delle condizioni di vita dei più è lì a testimoniarlo

 

Sulla Tortura

Recentemente lo stato italiano è stato condannato per pratiche di tortura in occasione delG7 di Genova 2001, per quanto avvenuto nelle caserme dove venivano imprigionati i manifestanti.
Non si tratta di un caso eccezionale; la pratica della tortura attraversa la storia dello stato italiano, sia repubblicano, fascista o monarchico, anzi ne rappresenta una continuità. Solo in certi frangenti questa realtà si palesa a tutti, quando la bestia esce dai luoghi ad essa deputati, come nel caso citato.
In realtà queste pratiche di cui solo ora si comincia a parlare con malcelata simpatia borghese,verso personaggi come il “dottor De Tormentis”, fanno parte del bagaglio della contro-guerriglia, esercitate dallo stato borghese quale detentore della violenza organizzata al fine di mantenere il proprio potere, con qualsiasi mezzo.
Si mena vanto che contro il “terrorismo” non siano state varate leggi eccezionali; in realtà all’interno di un quadro caratterizzabile come guerra a bassa intensità, si è praticata la tortura all’interno di caserme e carceri, da parte dei vari corpi militari, con l’avvallo della magistratura, con complicità esplicita dei media, di personale medico e quant’altro proposto allo scopo. In primis di ottenere informazioni, in seguito per annullare la volontà dei prigionieri all’interno delle carceri.
Da Pinelli a Genova ed ora nei bracci del 41 bis, si manifesta la natura dello stato borghese, dove i “trattamenti degradanti delle persona umana” sono la regola e no l’eccezione; surreale è quanto si sostiene attorno ad un livello accettabile di tortura, come nel caso della recente normativa, che invece di punire vuole regolare l’uso di questo strumento

Sull’ergastolo

Gran vanto italiano l’aver dato i natali all’illuminato Beccaria, che motivò la necessità dell’abolizione della pena di morte, per il superamento della forma di governo dispotico-tirannica, verso quella moderna, repubblicana, borghese, con le sue note caratteristiche.

In realtà chi abbia letto il suo scritto più noto rilevera che in esso non si esclude affatto la pena di morte verso i rivoluzionari che attentano alla stabilità dello stato. Come si ricordo Ugo La Malfa, ai tempi cruciali, in cui effettivamente si pose sul terreno la questione del potere politico tra la borghesia e il proletariato (in armi). Comunque il superamento della pena di morte verso la carcerazione perpetua, veniva vista dallo stesso come una sorte ben peggiore per il “reo”. Il Beccaria definisce “schiavitù perpetua” l’ergastolo in questi termini:”…con la pena di morte ogni esempio che si dà alla nazione, suppone un delitto;nella pena della schiavitù perpetua un solo delitto da moltissimi e durevoli esempi(…) Chi dicesse che la schiavitù perpetua è dolorosa quanto la morte, e perciò ugualmente crudele, io rispondo che sommando tutti i momenti infelici della schaivitù, lo sarà forse anche di più, se questi sono stesi su tutta la vita…”